Francesco Negro è la sua musica, il suo piano. Il jazzista magliese, vincitore dell’“Italian Jazz Award” nella sezione esordienti, si impegna infatti quotidianamente nella diffusione del jazz tra gli appassionati, ma anche tra coloro che ancora non si sono accostati a questo genere musicale, attraverso l’attività che esercita insieme ai volontari dell’associazione “Bud Powell”: artefice di jam session che si tengono ogni due settimane all’Art Cafè di Maglie, della rassegna di concerti “Museo in jazz” insieme con lo staff del museo civico “Decio de Lorentiis”, monografie, guide all’ascolto, lezioni di musica d’insieme, visione di film sul jazz e molto altro. L’attività del circolo jazz è davvero instancabile, ma Francesco esercita anche la sua musica con la sua scuola di pianoforte “Silence”.
Come nasce la sua passione per il jazz?
“Con l’associazione “Thelonius Monk” (associazione magliese che ora ha chiuso i battenti, ndc), all’età di 15 anni, che mi ha dato la possibilità di crescere musicalmente e umanamente, perché ho avuto la possibilità di conoscere molti jazzisti, tra cui il mio primo maestro, Antonio Ferriero. Da lì sono entrato nel direttivo e ho partecipato come musicista e direttore artistico all’attività del circolo”.
Sono molti i ragazzi che si avvicinano al jazz?
“Sì, ma bisogna dar loro la possibilità di emergere. Nel Salento ci sono molti ragazzi che fanno jazz, ma bisogna dargli un adeguato sostegno”.
Ci sarà un festival come quello che la “Thelonius Monk” organizzava a Maglie?
“Sarebbe il sogno dell’associazione “Bud Powell”, quello di riuscire a organizzare una manifestazione del genere. Speriamo di riuscire a creare un dialogo più sistematico con le istituzioni e gli sponsor che ci danno la possibilità di realizzare le nostre attività”.
Come funziona la sua scuola, come avvengono le lezioni?
“C’è altro nella scuola, oltre al jazz. I corsi di musica d’insieme che si fanno nella mia scuola è perché è a disposizione dell’associazione, in quanto non abbiamo una sede associativa. Nella scuola sono titolare e docente, ma accanto al jazz insegniamo anche musica classica. L’attività va molto bene, ultimamente abbiamo organizzato una master class con Reggie Moore che ha soddisfatto studenti e sponsor, e ci spinge a desiderare di farne”.
Tra classica e jazz cosa preferisci?
“Non ho preferenze, c’è la musica buona e quella meno buona”.
Se potessi suonare con tre jazzisti scomparsi o non più in attività, con chi lo faresti?
“Dexter Gordon (sassofonista), Stan Getz (sassofonista), Chat Baker (trombettista)”.
Cos’è per te il jazz?
“Molti inquadrano il jazz come un genere musicale, ma è molto di più: è una cultura, un’energia che viene fuori da questa cultura, nata dai neri ma capace di influenzare anche la musica bianca. Il jazz è continua ricerca”.
Quant’è importante, anche nella musica, l’ironia? Ricordiamo quel pezzo sul silenzio di John Cage…
“Lì non si tratta di ironia, è semplicemente l’esecuzione di un pezzo di Cage, è un pensiero filosofico, è la filosofia del silenzio”.
E cos’è il silenzio?
“Il silenzio, in natura, non esiste, perché quando noi parliamo e poi stiamo zitti si sente altro. Ci può essere un silenzio di sottofondo che si sovrappone al silenzio che vogliamo ascoltare. Ascoltare il silenzio non è altro che ascoltare il silenzio del silenzio”.
Angela Leucci