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Trentuno lavoratori irregolari in 19 aziende ispezionate

Una settimana di indagini serrate, condotte dai funzionari della Direzione Territoriale del Lavoro di Lecce, diretti da Virginio Villanova, e dai carabinieri del Nil (Nucleo Ispettivo del Lavoro), a seguito di segnalazioni anonime pervenute all’Ispettorato del Lavoro.

Il controllo di cantieri, officine, esercizi pubblici, aziende metalmeccaniche e di servizi, per un totale di 19 aziende, a Lecce e in provincia nei centri di Caprarica, Lizzanello, Cavallino, Squinzano, Trepuzzi, Copertino, Tricase, Casarano, Maglie e San Cassiano, ha evidenziato la presenza di 31 lavoratori in nero, tra cui un minore.

In quest’ultimo caso, il datore di lavoro e i genitori del ragazzo sono stati denunciati perché il minore non poteva accedere al mondo del lavoro non avendo ancora compiuto il sedicesimo anno d’età.

Particolarmente grave la situazione riscontrata in due cantieri edili a Trepuzzi, dove tutti e dieci i lavoratori impiegati sono risultati irregolari ed addirittura occupati contemporaneamente in diversi cantieri e per conto di imprese differenti.

Gli ispettori hanno provveduto a sospendere l’attività nei due cantieri fino alla regolarizzazione della posizione occupazionale dei lavoratori.

In un comune dell’entroterra, all’interno di una fabbrica di componenti per ascensori, invece, quattro operai sui sei occupati sono risultati irregolari.

In questo caso, sono tuttora in corso le indagini: si ipotizzerebbe una percezione indebita di indennità di sostegno al reddito da parte degli operai con la presunta complicità del datore di lavoro.

Al momento, i reati contestati, per un totale di 133 illeciti amministrativi, vanno dalle violazioni inerenti la normativa sul lavoro nero, all’irregolare tenuta del Libro Unico del lavoro, fino all’inosservanza della consegna dei tesserini di riconoscimento.

In tutto, l’attività imprenditoriale è stata sospesa in nove aziende, poichè il personale irregolare è risultato superiore al 20% del totale impiegato. Le aziende risultate irregolari sono state segnalate alla Guardia di Finanza, all’Inps e all’Inail.

Nel frattempo, le indagini proseguono per accertare altre eventuali violazioni.

Antonella Cazzato

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Protesta tir alle battute finali: lento ritorno alla normalità

Ultime battute oggi per la protesta proclamata ormai quattro giorni fa in tutta la penisola, dopo le prime agitazioni del “Movimento dei Forconi” in Sicilia contro il rincaro dei prezzi di carburanti, ticket autostradali e tasse.

Nel Salento, tuttavia, già da ieri pomeriggio, segnali di distensione: rimossi del tutto anche gli ultimi blocchi di tir – nella mattinata di ieri era attivo solo il punto di osservazione nei pressi del quartiere fieristico di Galatina – i primi distributori di benzina cominciavano ad essere riforniti di carburante.

Infatti, dopo il provvedimento del prefetto di Taranto, che nelle prime ore dell’alba di ieri ordinava di spostare i tir all’ingresso della raffineria dell’Eni, pur tra le proteste dei manifestanti che provavano a resistere alle forze dell’ordine, molti distributori nel pomeriggio erano in grado di soddisfare la richiesta.

Dopo tre giorni di carburante praticamente esaurito, le stazioni di servizio sono state letteralmente prese d’assalto e si sono registrate lunghe code all’altezza dei distributori, con protezione civile e polizia municipale a regolare la circolazione.

Intanto si stima che i danni provocati al settore agricolo dallo sciopero siano ingenti, come ha sottolineato Coldiretti nei giorni scorsi, denunciando quintali di prodotti agricoli altamente deperibili, fiori e ortaggi soprattutto, destinati al macero.

Allo stesso tempo, molti i prodotti che scarseggiano o addirittura mancano nei negozi; i prezzi, in alcuni casi, sono aumentati anche del 40 per cento, anche se da Codacons Lecce, Piero Mongelli, sottolinea: “Non abbiamo dati precisi.

Questo sciopero ci ha colto di sorpresa e non abbiamo avuto il tempo di rilevare i prezzi prima del blocco dei tir, ma possiamo immaginare che i rincari che si stanno registrando in tutta l’Italia si stiano verificando anche nel Salento”.

A questo proposito, l’Adoc (Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori) di Lecce, tramite il coordinatore Alessandro Presicce, invita i consumatori a denunciare aumenti di prezzi spropositati scrivendo una e-mail a lecce@adocpuglia.it o telefonando alla Guardia di Finanza o alla Polizia Municipale.

Antonella Cazzato

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Sciopero dei tir: agricoltura in ginocchio

La protesta dei tir continua a paralizzare, da nord a sud, tutta la penisola e nel frattempo si contano i primi ingenti danni, soprattutto al settore agricolo, con tonnellate di prodotti altamente deperibili, come frutta, verdura e latte, destinate al macero.

“Il lungo fermo degli autotrasportatori in Sicilia ha già messo in ginocchio l’intera economia agricola regionale, con danni per quasi 60 milioni di euro. Ora l’espandersi della protesta in tutt’Italia può davvero dare un colpo mortale al settore primario”. È quanto lamenta, in un comunicato sul proprio sito, la CIA (Confederazione Italiana Agricoltori), sottolineando come l’agricoltura italiana abbia già pagato un conto molto salato per questi giorni di blocco della circolazione.

Pertanto, pur comprendendo le ragioni della protesta, la Cia chiede a tutte le parti coinvolte di agire con senso di responsabilità e ribadisce: “Occorre un pronto chiarimento tra governo e autotrasportatori, così da evitare nuovi problemi non solo al disastrato settore primario, ma anche ai consumatori finali, cha a breve potrebbero trovare supermercati vuoti e prezzi alle stelle”.

In una terra come la nostra, fortemente fondata sull’agricoltura, la protesta dei tir assume una valenza particolare, anche se forse non dovremmo temere per lo sciopero e il rifornimento nei supermercati: fortunatamente abbondano nel Salento i contadini che lavorano in proprio e che spesso sono ambulanti, sempre che riescano a reperire la benzina per l’Ape. In ogni caso, gli allarmismi sono fuori luogo: non solo perché la protesta può essere percepita come uno sfogo della popolazione, in questo caso di una categoria, ma ci si chiede anche quanto durerà il movimento, date le evidenti implicazioni politiche che stanno venendo fuori, come annunciato dalla stampa in questi giorni.

Antonella Cazzato

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La prospettiva di Luciano Cariddi sull’economia idruntina

di Mauro Ragosta

Otranto, nella visione, ampiamente condivisibile, del primo cittadino, Luciano Cariddi, è e sarà un centro specializzato nel turismo. Tutte le attività produttive di questo centro, dall’artigianato ai servizi, sono infatti, come egli afferma, focalizzate in funzioni accessorie e di supporto alla struttura di accoglienza. Il turista è dunque il motore dell’economia idruntina e il principale fronte di attività istituzionale di Cariddi, quello strategico, che orienterebbe allo sviluppo Otranto si focalizza sulla questione della destagionalizzazione delle presenze.

Nella sua concezione, questo problema per Otranto è di fondamentale importanza, e va affrontato con forza e intelligenza. E ciò perché in assenza di una politica della classe dirigente, non solo provinciale, ma anche regionale, chiara e soddisfacente, rimane nelle capacità delle forze locali dare un’impostazione concreta alla crescita e allo sviluppo e dunque una risposta positiva al cittadino, soprattutto in questa fase storica, dove prevale un forte disorientamento in ambito soprattutto economico e di politica economica.

Nelle parole di Cariddi, attualmente la stagione turistica di Otranto si articola in quattro mesi: due di piena attività e due che si connotano come mesi spalla.

Un arco temporale importante, se raffrontato alla maggioranza dei centri turistici della provincia di Lecce, ma che si presenta ancora insufficiente rispetto alle esigenze economiche della comunità idruntina. Durante il suo mandato, giunto peraltro a scadenza, i suoi sforzi hanno fatto leva sulla creazione di un nuovo porto turistico, che ancora deve terminare l’iter burocratico. Rispetto a questo Cariddi afferma che si è alle battute conclusive circa le autorizzazioni per poter procedere poi con la fase strettamente operativa, relativa alla costruzione. Un iter lungo, che durerà forse più di cinque anni, dove lo Stato non si è mosso secondo criteri di efficacia e di efficienza e tenendo presente la centralità dell’opera per la comunità idruntina, ma anche per l’itero comparto turistico a livello provinciale.

Sicuramente il nuovo porto turistico a Otranto porterà a una diversa articolazione delle presenze dei visitatori, dove i mesi spalla saranno favoriti, e la qualità dei turisti sarà di livello più elevato, essendo il diportismo un turismo più facoltoso e con risvolti produttivi di più ampio respiro. In tale prospettiva, nelle considerazioni del sindaco, Otranto dovrebbe correlativamente aumentare l’offerta culturale, in linea con i bisogni di un futuro visitatore, di un futuro escursionista più esigente e ricercato. Ciò non significa che la principale componente turistica, ovvero quella balneare, verrà a mancare, ma a questa si può prevedere ragionevolmente che si affiancherà in maniera sempre più consistente quella culturale, nonché quella storico-ambientale. Da qui, da queste proiezioni non è difficile giungere a dover considerare che occorre ripensare e riorganizzare l’intero sistema di accoglienza nella sua componente accessoria, che sicuramente sarà il principale compito del suo successore.

Quanto detto si pone sul piano strategico e dunque, di medio e lungo periodo. Per quanto riguarda invece l’immediato, ovvero le stagioni 2012 e 2013, Cariddi è dell’opinione che un aumento della domanda turistica vi potrà essere in correlazione all’attuale crisi, che rende Otranto come una meta appetibile e con costi relativamente più competitivi, solo se la situazione dei trasporti migliorerà. E’ impensabile che, ad esempio il viaggio da Londra a Brindisi sia meno costoso rispetto a quello da Brindisi a Otranto. E sicuramente il costo del trasporto è un elemento che incide nelle scelte del turista. Ma rimane il fatto che chi scegli Otranto, come meta turistica, non è certo chi opta per delle vacanze economiche o per soggiorni in economia. Ne discende che, è ragionevolmente prevedibile che le prossime stagioni estive vedranno Otranto in piena attività e sarà un momento in cui sperimentare nuove forme di accoglienza, in linea con quelle che sono le prospettive di lungo periodo.

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Vertenza “Adelchi”: incontro in Prefettura

Risale alle 17 di ieri ed è durato circa un’ora e mezzo l’incontro presso la Prefettura di Lecce tra il prefetto Giuliana Perrotta e Sergio Adelchi, patron dell’omonimo calzaturificio di Tricase, per fare il punto della lunga e per ora irrisolta vertenza occupazionale che ha interessato le famiglie di 720 operai.

La storia è ormai nota: dopo la chiusura degli stabilimenti di Tricase, a seguito di una politica che ha delocalizzato la produzione in Paesi con manodopera a prezzi più convenienti, per i lavoratori si è aperta la parentesi della cassa integrazione.

Parentesi, appunto, in attesa di poter occupare nuovamente un posto di lavoro svolto per anni con impegno, dedizione e professionalità.

In realtà, la prospettiva di un nuovo futuro professionale si allontana trattativa dopo trattativa.

Anche l’incontro di ieri, almeno a detta degli operai che stazionavano sotto i portoni della Prefettura, si è concluso con un nulla di fatto. Anzi, Sergio Adelchi avrebbe tolto loro ogni speranza di un possibile reimpiego, dichiarando la totale impossibilità di tornare ad occupare anche un solo lavoratore nel Salento, come conferma anche il capo di Gabinetto, Guido Aprea, che di Tricase è il commissario straordinario.

Ai lavoratori non resta che accontentarsi del risultato del tavolo interministeriale, convocato a Roma lo scorso 14 dicembre, che riduce in parte i danni.

A giorni, infatti, sarebbe scaduto anche il sussidio regionale e l’azienda minacciava di proseguire con le procedure di mobilità, anticamera di futuri licenziamenti.

È stato invece possibile concedere una proroga della cassa integrazione regionale a partire dal 1° agosto 2012 (anche se lo stipendio, decurtato del 40 per cento, si aggirerà intorno ai 450 euro al mese) e l’estensione dei finanziamenti (40 milioni di euro) previsti per l’Accordo di programma 2008 anche alle aziende del cluster Adelchi.

Antonella Cazzato

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Una nuova opportunità di lavoro: al via “Web 2.0: il Social Media Marketing”

“Web 2.0: il Social Media Marketing” ai nastri di partenza.

Ancora pochi, infatti, i giorni utili per formalizzare l’iscrizione al corso “Web 2.0 – Il Social Media Marketing” organizzato da “La Fabbrica del Lavoro”, lo sportello ideato dalla Confcommercio di Lecce, e dedicato ai giovani che vogliono entrare nel mondo del lavoro con una professionalità più specifica.

Il corso, rivolto a disoccupati, inoccupati e giovani studenti, si pone l’obiettivo di formare una nuova figura professionale per curare l’immagine e la visibilità di un’azienda attraverso gli strumenti del Web 2.0 e risponde pienamente alle nuove esigenze del mercato, permettendo all’impresa di interagire velocemente con gli utenti, scambiando opinioni o stabilendo relazioni con clienti e fornitori.

Rino Scoppio, consulente e formatore aziendale, esperto conoscitore dei nuovi strumenti di comunicazione aziendale e docente del corso, ne chiarisce ulteriormente le finalità: «Il web 2.0 e i social media marketing sono un canale di comunicazione dalle mille possibilità per un’impresa che voglia ampliare il proprio business ricorrendo a investimenti economici a costi bassi». Gli argomenti trattati, dunque, dalle tecniche di progettazione dei siti web, all’editoria on-line, alla gestione dei social network, formeranno figure professionali capaci di districarsi abilmente nel variegato mondo virtuale e di utilizzare in maniera efficace gli strumenti del web marketing aziendale.

Il corso, che partirà il 23 gennaio prossimo e si articolerà in 8 incontri da 4 ore ciascuno, si svolgerà presso la Mediateca Polifunzionale delle Officine Cantelmo – Corte dei Mesagnesi (Lecce). Il costo è di 150 euro.

Per maggiori informazioni e iscrizioni è possibile contattare la segreteria organizzativa telefonando ai numeri 0832.240169 / 320 .0887818 o scrivendo una e-mail all’indirizzo: lafabbricadellavoro@confcommerciolecce.it / lecce@confcommercio.it (Ref. Rosanna Cosmai).

Antonella Cazzato

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Job Innovation Camp per un giorno a Maglie

Per tutto un giorno a Maglie presso il liceo Capece, il 14 gennaio ci sarà “Job Innovation Camp”, evento finalizzato a favorire l’incontro costruttivo tra i giovani talenti della provincia di Lecce, i centri di ricerca e le imprese innovative. Si tratta di un progetto promosso dalla Provincia di Lecce – Assessorato alla Formazione Professionale e Politiche per l’impiego con la partecipazione dell’Università del Salento e realizzato da Alba Service, in collaborazione con la Cooperativa Officine Cantelmo, il Gruppo Oltrelinea e la Cbox. Per questa tappa presenti anche stand delle aziende innovative nel settore eno – agro alimentare.

Programma della Giornata: Apertura al Pubblico: ore 9-13/16- 20 Ore 11 – Workshop: “Lavoro e innovazione: quali strategie per il lavoro qualificato nel sistema produttivo pugliese”. Intervengono Ernesto Toma – assessore alla Formazione e alle Politiche sul Lavoro della Provincia di Lecce, Lorenzo Vasanelli – delegato del rettore alla Ricerca, Carmelo Rollo – presidente LegaCoop Puglia, Cosimo Prisciano – responsabile Italia Lavoro, Puglia e Basilicata, Carlo Maccuku – CdA Dare Distretto Agroalimentare, Antonio Corvino – presidente Osservatorio Banche Imprese.

Ore 16: InnovaAction Talk – Il workshop è incentrato sulla diffusione dei risultati ottenuti dall’associazione InnovactionLab in Puglia nel 2011. In particolar modo saranno proiettati foto, video e presentazioni realizzate dai partecipanti all’iniziativa. Interverrà in video conferenza il presidente nazionale dell’associazione InnovAction Lab. Intervengono anche Cookous – vincitore InnLab Walter Dabbicco, InnCamp – Roberto Oranger, Israeli Study Tour – Andrea Martelli, assessorato alle Attività Produttive Comune di Maglie – Marco Sticchi, InnLab & scuola superiore Isufi Loris Sturlese. Modera Salvatore Modeo.

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L’economia del sud-est della provincia di Lecce: crisi profonda e possibili prospettive future di grande rilancio

di Mauro Ragosta

Che dire dell’attuale economia del sud-est della provincia di Lecce?

Non può non essere messo in luce, immediatamente, che quest’area nei prossimi due anni vivrà la fase più drammatica di un lungo trend negativo iniziato nel 1990. Del pari va detto che proprio in questi due anni matureranno gli elementi e gli spunti per un nuovo ciclo economico, che, va precisato, sarà di ampiezza commisurata alla vivacità imprenditoriale e alla capacità della politica di predisporre, canalizzare e supportare le risorse amministrative, relazionali e cognitive per favorire un nuovo decollo economico dell’area.

Il sud est della provincia di Lecce, sotto il profilo territoriale, fonda la sua economia su tre poli urbani strategici. Si allude a Maglie, Tricase e Poggiardo. Sotto il profilo settoriale invece, dal 1990 sino a oggi, tre sono stati i pilastri economico-produttivi, i quali hanno fatto entrare il danaro nell’intero circuito di produzione e scambio locale, mettendolo in azione. Questi sono: il pubblico impiego, compresi quindi anche la sanità e l’istruzione, il turismo idruntino e il calzaturificio Adelchi di Tricase. Tre comparti che dalla caduta del muro di Berlino, sono entrati progressivamente in crisi. In particolare, il punto di massima occupazione del pubblico impiego nell’area è stato toccato tra la fine degli anni ’80 e i primi degli anni ’90. A partire da tale periodo, lentamente questa si è ridotta sino a registrare una contrazione complessiva nel ventennio, che è stimabile intorno al 30%. Con riferimento al turismo, invece, Otranto a partire dal 2002, vede cessare la sua crescita, in termini di presenze e arrivi, e registrare anche una lieve flessione. Si potrebbe dire che, il turismo idruntino è in una fase di stagnazione, dove ancora non sono stati trovati nuovi modelli di sviluppo. Circa l’Adelchi, infine, l’entrata dell’euro ha sancito la conclusione del suo ciclo produttivo, rispetto al quale le ferree leggi economiche della globalizzazione ne impediscono la prosecuzione della sua esistenza.

Il rilancio dell’economia del sud est leccese, i nuovi imput produttivi per gli attori privilegiati di quest’area potrebbero scaturire dai risvolti della recente manovra finanziaria, che per la sua ampiezza avrà ripercussioni sull’intera economia nazionale. Sicuramente, il governo Monti nell’immediato ha agito a discapito sia delle classi deboli e sia delle regioni meridionali, ma nel medio e lungo periodo avrà effetti propulsivi per l’economia del Mezzogiorno e quindi anche della provincia di Lecce nonché del suo territorio posto a sud est.

Al riguardo, il turismo idruntino potrebbe registrare un nuovo rilancio per effetto di costi particolarmente vantaggiosi per i vacanzieri centro-settentrionali, rispetto alle loro mete preferite. E ciò si protrarrebbe non solo per il 2012, ma anche per il 2013. Un tempo nei quali gli amministratori locali e gli imprenditori potrebbero, sotto la spinta di una domanda sostenuta, rivedere i propri schemi di ospitalità e trovare nuove soluzioni produttive e di servizi più efficaci e più efficienti.

Nel settore commerciale, che dipende in maniera preminente dal pubblico impiego ed è colpito in maniera diretta dalla finanziaria, che ridurrà i consumi, è possibile che si registrino non poche chiusure, ma di quegli esercizi meno solidi finanziariamente e poco lungimiranti. Al contrario, la storia insegna che altri invece, tenderanno ad aumentare le loro dimensioni per abbattere i costi e ritrovare maggiore efficienza. E questa tensione non potrà che sortire effetti positivi nel medio periodo. Nel lungo periodo, invece, non è improbabile un rilancio del calzaturiero, ma con modalità diverse da quelle sino a oggi adottate. Al posto della grande azienda Adelchi potrebbero sorgere un significativo gruppo di piccole imprese sulla base del decentramento produttivo di imprese settentrionali, che nel tentativo di recuperare sui costi, per effetto della riduzione dei consumi, sposteranno nel meridione alcune linee produttive in aree, come quella tricasina, dove esiste già una tradizione produttiva di grande rilievo. In più, il programma di liberalizzazioni previsto dal governo potrebbe favorire ancora l’occupazione e dunque, dare respiro all’economia locale, demolendo vecchie posizioni di rendita.

Nel complesso quindi, le prospettive per il sud-est della provincia di Lecce se osservate nell’immediato non mostrano spazi di ripresa, ma proiettandosi nel medio e lungo periodo, i sacrifici richiesti dal governo soprattutto ai ceti bassi del meridione, potrebbero paradossalmente avere effetti propulsivi e di rilancio per le regioni del sud e dunque anche per quest’area del leccese, che presenta una significativa tradizione produttiva, capace di cogliere gli stimoli provenienti da mercato nei prossimi tempi se politici e imprenditori opereranno con una prospettiva intellettuale e strategica in direzione della creatività e dell’innovazione negli schemi comportamentali.

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La Puglia ridisegna il Bil italiano

La Puglia sarà la regione metro del benessere italiano.

Nel ‘68 Bob Kennedy scrisse che il Prodotto lnterno Lordo “misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta“, così l’Istat e il Cnel stanno cercando di misurare il “benessere equo e sostenibile” degli italiani.

Il Pil è, infatti, un indicatore quantitativo e non qualitativo, misura la quantità dei beni e non la crescita dei beni e del benessere, invece la Puglia concorrerà a definire il Bes, grazie alla consulta regionale femminile pugliese nel gruppo di lavoro nazionale che dovrà individuare dodici “dimensioni del benessere”, interrogando direttamente gli italiani. L’organismo presieduto da Annamaria Carbonelli ha una propria rappresentante, Giovanna Loiudice Abrescia, nel Comitato di indirizzo costituito a Roma presso il Cnel, capofila con l’Istat dell’iniziativa, che vede impegnate le Consulte di Piemonte e Lazio, parti sociali e associazioni.

Il Comitato ha selezionato i dodici domini, gli ambiti di maggior rilievo sociale. Si apre ora una fase di consultazione pubblica per raccogliere contributi soggettivi sulla percezione del grado di benessere sociale.

La Consulta femminile pugliese sollecita il coinvolgimento dei pugliesi tramite il sito www.misuredelbenessere.it e il suo blog che consente di condividere commenti e d’intervenire attraverso proposte e approfondimenti.

I risultati della consultazione consentiranno la scelta definitiva dei domini del Bes, per poi selezionare gli indicatori statistici più significativi della realtà italiana.

Intanto un’indagine Istat, su un campione di 45mila italiani, ha sorpreso per l’omogeneità delle risposte sui “domini” del benessere. Vedono al primo posto la buona salute e al secondo il garantire un futuro sicuro ai figli. Sul podio anche un lavoro dignitoso.

La consulta regionale femminile informerà i pugliesi degli sviluppi dell’intera consultazione e conta sulla più ampia partecipazione, attraverso il sito www.misuredelbenessere.it.

Riusciranno le province pugliesi a risalire la china nella classifica del 2009? Alla pubblicazione del Rapporto le province pugliesi videro a metà classifica Lecce (44esima provincia per qualità di Bil) e agli ultimi posti Brindisi (al 100 posto su 103 province italiane). Voluto dal presidente francese Nicolas Sakozy e commissionato ad una commissione d’esperti, capeggiata dal Premio Nobel da cui il rapporto prende il nome e pubblicato da un istituto di ricerca su mandato del Sole 24 Ore nel Settembre 2009 ha rappresentato la prima classifica del Benessere Interno Lordo delle provincie italiane, il primo tentativo di sostituire il Pil come indicatore di Benessere delle comunità.

Il nuovo indicatore si basa sull’idea che il benessere di una comunità dipenda da un insieme di condizioni di vita materiali, salute, istruzione, attività personale, partecipazione alla vita politica, rapporti sociali, ambiente, insicurezza economica e fisica. Tutti gli indicatori pensati per correggere i difetti del Pil in contesti in cui è basso (i paesi “in via di sviluppo” o “sottosviluppati”) ma mai utili per quelli in cui risulta elevato.

Jenny De Cicco

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L’economia del Sud Est della provincia di Lecce: le recenti tendenze

di Mauro Ragosta

E’ d’obbligo, prima di dare l’abbrivo alle argomentazioni che illustreranno gli aspetti economici più vicini ai nostri tempi del sud est della provincia di Lecce, chiarire che cosa si intenda per recenti tendenze e perché si è scelto un determinato arco temporale. Ciò è rilevante non solo per una corretta impostazione della disamina in questione, ma anche per capire meglio le dinamiche attuali. Più nello specifico, quindi, il periodo che consideriamo prossimo a quello attuale va dal dopo guerra alla caduta del muro di Berlino.

Dal 1989, infatti, l’economia, ma anche la società, si è mossa in maniera diversa rispetto al passato ed anche a gran parte della seconda metà del Novecento, che quindi costituisce un periodo ben definito nei termini e nelle dinamiche. Da un contesto relativamente prevedibile ed entro certi limiti programmabile si è passati a scenari fatti di equilibri estremamente precari.

Questi ultimi si basano sulla competizione e sulla riorganizzazione continua, sull’individualismo e sullo sviluppo veloce, su un capitalismo, che da finanziario si sta trasformando in cognitivo. Naturalmente, in merito a quest’ultima affermazione, è bene precisare che essa va al di là dell’attuale crisi, che è ancora frutto del vecchio mondo e condotta dunque ancora con strumenti tradizionali. E pertanto tutto ciò che va dalla fine degli anni ’80 possiamo considerarlo attualità, quasi cronaca. Un’attualità che ci condurrà verso scenari inediti dove cultura e creatività saranno il perno delle economie più avanzate.

Premesso ciò, che dire delle dinamiche recenti dell’economia del sud est leccese? Ma certamente che esse hanno seguito le vicende che maggiormente hanno caratterizzato la provincia, sia pur con toni meno marcati rispetto a quelli tracciati dall’area leccese dell’arco ionico e del capoluogo. Ma ciò che è veramente rilevante è che esse hanno portato a uno sviluppo economico diffuso dell’intero territorio del sud est. In particolare, il periodo in questione (1950-1989) è una parentesi della storia economia di quest’area dove viene scalfita la polarizzazione del centro di Maglie, che soprattutto negli anni ’60 e ’70 vede adombrato il suo tradizionale primato, come centro economico e commerciale del sud est. Favorita da sempre per la sua posizione geografica, dopo il 1963 si affiancano ad essa i centri di Tricase e Poggiardo. Anzi, Tricase sopravanzando Maglie, sul finire degli anni ’80, diventa il centro industriale del sud est per eccellenza. Al riguardo, poche statistiche bastano a mettere in evidenza tale realtà. Dal censimento dell’Istat del 1991, infatti, emerge che, con riferimento all’industria, a Tricase nel settore si addensano 1180 addetti in 136 aziende, mentre a Maglie solo 762 in 162 imprese.

Poggiardo, invece, fanalino di coda di questa nuova focalizzazione del fenomeno economico, concentra 573 addetti in 81 aziende. E dunque va ribadito che la riorganizzazione delle centrature economiche a livello territoriale naturalmente hanno avuto come effetto uno sviluppo possibile anche per le aree periferiche locali, rispetto alla leadership magliese.

I dati menzionati sono ancor più significativi se si considera che in questo periodo l’economia del sud est, come dell’intera provincia, si riqualifica, perdendo peso economico in maniera vieppiù crescente l’agricoltura, lasciando il passo all’industria ed in particolare di quella dei settori del tessile, dell’abbigliamento e delle calzature. Insomma, il cosiddetto Tac (acronimo dei tre settori citati) diventa il fenomeno economico più rilevante, soprattutto dopo il 1970. E se l’Acait rappresentava l’emblema della tradizionale economia, nel periodo trattato quello più significativo è sicuramente l’Adelchi. Ma a questa va aggiunta anche l’azienda dei D’Oria a Maglie, anticipatrice di molte tendenze strategiche e produttive del tessuto produttivo leccese.

Inoltre, a rafforzare le economie di questi tre poli è la mano pubblica, che, a partire da metà degli anni ’70, qui disloca i centri sanitari e di istruzione più rilevanti di tutta l’area, con ricadute sul settore commerciale di non poco conto dei centri di Maglie, Tricase e Poggiardo.

I principali risvolti di queste dinamiche, che tuttavia non dureranno nel tempo e già oggi molti di questi connotati economici vanno perdendosi, hanno portato a una riqualificazione della sottostante società, dove il tradizionale proprietario terriero, punto di riferimento di maggior rilievo fino agli anni ‘60, è stato soppiantato da una moderna borghesia fatta di imprenditori, professionisti e pubblici dipendenti. Insomma, l’attuale classe dirigente, che si sta adoperando a far transitare l’area verso un’economia al passo con i tempi, compatibilmente con i suoi limiti e le sue potenzialità e che pertanto è la principale responsabile dell’adeguatezza delle trasformazioni in atto.

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Il vino pugliese ci salverà?

Il vino si dimostra il tesoro pugliese in grado risollevare dalla crisi la Regione.

I vini di Puglia volano nell’export a quota +20,4% nei primi 9 mesi del 2011 e supera del 7% i valori del 2008, precedenti alla crisi e guidano le classifiche dei migliori vini d’Italia.

È il risultato migliore dopo quello della Sicilia (+22,6%) l’aumento nazionale si ferma a 13,5%, la media delle 8 regioni del Mezzogiorno è il 14,3%, dell’Italia centrale è del 13,7, dell’Italia settentrionale di poco più del 13%.

“La lettura di questi dati – ha commentato Nichi Vendola – ci racconta di un’inversione di tendenza. Dopo il baratro del 2009, che sembrava incolmabile per la Puglia con le esportazioni precipitate, per la crisi globale, quasi del 23%, non solo siamo tornati ai valori pre-crisi del 2008, ma li abbiamo addirittura superati di 415 milioni di euro. Non è frutto di un colpo di bacchetta magica la Regione Puglia realizzando oltre 100 iniziative nel biennio 2010-2011 per potenziare la crescita sui mercati esteri, ha centrato in pieno tutti gli obiettivi. Non per questo abbassiamo la guardia: spingere l’innovazione e l’internazionalizzazione continuerà ad essere un tema centrale delle nostre politiche”.

“Le esportazioni pugliesi – ha sottolineato Loredana Capone – crescono sia nei settori innovativi che in quelli tradizionali, con ottime performance negli uni e negli altri. Uno dei pochi dati negativi per la Puglia riguarda le esportazioni dei rifiuti grezzi e trattati che segnano un -41,3% al contrario della Sicilia per la quale lo stesso dato è tra quelli più rilevanti con una crescita dell’ 82,3%. Ma per noi il dato è negativo solo in apparenza perché indica invece che il nostro sistema riesce a reggere, trasformando il rifiuto in una risorsa per il territorio che dunque non lo esporta. Un’altra osservazione riguarda l’incidenza della Puglia nelle esportazioni italiane. Per la prima volta, quest’anno, notiamo una crescita graduale di trimestre in trimestre”.Grazie anche ai risultati ottenuti dalle case vitivinicole pugliesi, l’ultimo, in ordine di tempo, quello della classifica di Gentleman di Milano-Finanza, che ogni anno “suggerisce” al mercato internazionale le migliori cento etichette italiane.

La Top 100 dei vini rossi 2012 quest’anno è guidata da“Primitivo di Manduria ES 2009” dell’azienda tarantina Gianfranco Fino, nella classifica di Gentleman anche un’altra pugliese, sempre con un Primitivo, di Polvanera con il suo Gioia del Colle Primitivo 17 2008 al 24° posto.

Il punteggio attribuito ai vini è il risultato dell’incrocio delle valutazioni delle guide Espresso, Veronelli, Gambero Rosso, Luca Maroni e Bibenda. “E’ veramente con grande orgoglio e sentimento di gratitudine – commenta l’assessore alle Risorse Agroalimentari Dario Stefàno – che mi congratulo con le nostre aziende, nella certezza d’interpretare il sentimento di tutti i pugliesi. A loro e a tutte le aziende che continuano ad investire nella produzione di qualità, raccogliendo i meritati risultati, dico grazie perché il loro impegno rende la nostra Puglia sempre più grande”.

Jenny De Cicco

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Lacrime e sangue, sacrifici ed equità, ecco le nuove parole d’ordine dell’era Mario Monti

Parole d’ordine che come una scure colpiscono la Puglia, che vede i propri contadini alle prese con l’aumento degli estimi catastali di oltre il 40% e la tassazione dei fabbricati rurali.

Le reazioni non tardano ad arrivare, infatti la regione tra i due mari ha fatto dell’agricoltura il settore trainante assieme al turismo, con varie iniziative di tutela del patrimonio rurale e la creazione del marchio Prodotti di Puglia con un registro dei propri prodotti igt e igp. “Il momento per il paese è drammatico e tutti sono chiamati a fare sacrifici e rimboccarsi le maniche, ma l’aumento spropositato degli estimi catastali rappresenta per larghissima parte degli agricoltori una pietra tombale”. E’ quanto affermato Giannicola De Leonardis, presidente della settima Commissione Affari Istituzionali della Regione Puglia, il quale ricorda che il comparto agricolo “da tempo è in una situazione di grave emergenza e le prospettive non appaiono le migliori, poiché l’annunciata riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) determinerà una ulteriore diminuzione di contributi che pure hanno rappresentato e rappresentano una boccata d’ossigeno necessaria e indispensabile”.

Infatti è previsto l’aumento del 45% degli estimi, l’incremento della base imponibile ai fini imposta municipale unica, assieme alle nuove tasse sui fabbricati rurali, che comporteranno incrementi di tassazione dal 100% al 400%. Antonio Barile, presidente della Cia di Puglia, ha espresso parere contrario alla manovra, che comporterà esborsi di decine di milioni di euro per le imprese pugliesi, già in grande difficoltà. Anche Tommaso Battista, presidente della Copagri Puglia definisce l’aumento degli estimi una violazione dell’equità assicurata dal governo.

“Era lecito aspettarsi un atteggiamento ben diverso nei confronti dell’agricoltura – sottolinea De Leonardis – interventi in grado di supportarla e non definitivamente affossarla, favorendo multinazionali e realtà consolidate e mettendo in ginocchio piccoli produttori che non possono essere certamente additati come evasori e non possono pagare da soli le conseguenze della crisi. La Puglia rischia di pagare un dazio dai costi sociali altissimi le risorse preventivate attraverso l’aumento degli estimi catastali agricoli, insostenibile e gravoso al punto da lasciar presagire uno spopolamento delle campagne che non può aiutare certamente l’economia a risollevarsi.

A tal fine invito il valente assessore Dario Stefàno a farsi promotore, nel suo ruolo di coordinatore degli assessori regionali all’Agricoltura, di un’azione incisiva e immediata per illustrare la reale situazione del comparto”.

Jenny De Cicco

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