Lo scorso 30 dicembre, a San Donato di Lecce, presso l’Edicola di Notte sita in Largo chiesa, è stata inaugurata la mostra “Passaggio rosso” di Mina D’Elia.
L’opera, che rimarrà in esposizione per due mesi, è stata presentata dallo storico e critico d’arte Cecilia Leucci.
È un’opera dal forte impatto visivo quella della D’Elia, artista salentina di grande talento e spontaneità, per la quale esprimersi artisticamente è una funzione vitale al pari del respirare, dormire, mangiare, come l’artista stessa scrive nella sua (auto)biografia: “In realtà tutto accade fisiologicamente, si attraversa con coraggio la certezza del proprio limite e ci si lascia portare dall’‘organo dell’immaginazione’ che, invero, ha sede in ciascuna parte del nostro essere”.
“La mostra rappresenta l’opportunità della presentazione al pubblico di un’opera inedita dell’artista, da sempre indirizzata verso la ricerca in campo femminile e ambientale.
‘Passaggio rosso’ si delinea come una sorta di soccorso nel momento del bisogno, poiché come un estintore, si ipotizza la surreale possibilità di ‘rompere il vetro in caso di necessità’.
L’opera è allegoria di un’evoluzione latu sensu, del proprio corpo e di quello di chi ci attornia; un viaggio all’interno di fantasie, aspirazioni e memorie, di obiettivi raggiunti o abbandonati.
Tutto fuoriesce da una valigia rossa, colore del desiderio e della passione.
Tutto, compresa la storia di un territorio, fatta di valigie di cartone e speranze dei nostri avi migranti. Il colore è però soprattutto una delle tinte guida dell’artista, la quale – tramite l’uso del rosso e del bianco – diviene messaggera di un mondo in frantumi, che si può ricomporre solo con la consapevolezza di sé e di ciò che ci assedia”, spiega Cecilia Leucci, curatrice della mostra, alla quale abbiamo rivolto alcune domande in merito all’opera e, più in generale, all’arte della D’Elia.
Lei dice che Mina D’Elia è da sempre orientata verso la ricerca in campo femminile e ambientale: può chiarirci questo punto?
I termini “femminile” e “ambientale” non sono casuali.
Mina D’Elia si occupa da sempre della figura femminile, delle sue peculiarità, del mondo che circonda l’essenza stessa dell’essere donna, riferendosi alla sfera fisica, con la realizzazione – ad esempio – di busti o interi corpi in gesso, che simboleggiano l’involucro per mezzo del quale la donna si racconta; ma anche psicologica, indirizzandosi verso oggetti non prettamente femminili, come la serie degli elmi e dei copricapo, che si rivelano però allegoria di una donna milite, combattiva, in grado di fronteggiare le avversità e di occupare posti di comando comunemente associati all’uomo (si veda in questo senso la serie de “Le papesse”).
L’ambiente è un altro tema molto caro all’artista, la quale ha intrapreso una battaglia personale contro il massacro della nostra terra causato dall’incontrollato sfruttamento di risorse e dallo smodato abbondare di impianti per energie rinnovabili, che se da una parte potrebbero risultare una sostanziale soluzione all’inquinamento ambientale, dall’altra rappresentano il totale annichilimento delle nostre ricchezze territoriali, devastando lo skyline salentino e distruggendo le potenzialità dei suoli coltivabili.
Si potrebbe dire che in questa installazione l’aspetto cromatico – come il titolo sottolinea – sia preponderante?
Assolutamente si! Il rosso (come il bianco) è uno dei colori cardine nell’arte della D’Elia. Nel caso specifico di “Passaggio rosso” la scelta del rosso è da riferirsi alle caratteristiche che il colore notoriamente racchiude in sé: passione, calore, energia, pericolo, eccitazione. L’installazione rappresenta una provocazione: è il modo che l’artista ha scelto per esortare al cambiamento, per stimolare la ricerca dell’altro da sé, per sollecitarci a seguire i nostri desideri. Il rosso per la D’Elia diviene inoltre metafora della “forza semantica dell’arte” – come lei stessa la definisce – ovvero la capacità di dare vita ad un cambiamento, di indirizzarsi verso la salvazione, di riappropriarsi della capacità di scegliere, che oggi ci viene spesso negata dalla necessità di omologarci per renderci più gestibili e governabili, tramite l’assenza di archetipi emozionali.
Quale è il rapporto, nella ricerca artistica di Mina D’Elia, tra le aspirazioni del singolo individuo e quelle della moltitudine che insieme diventano quelle di un territorio – il Salento – che si è scontrato più volte con il fenomeno della migrazione?
Presumo che questa domanda derivi dal fatto che la valigia è stata associata anche agli “avi con le valigie di cartone”. Certo, è un simbolo anche quello, ma nella fattispecie l’artista vuole solo ricondursi ad un momento storico in cui le valigie erano piene di speranze e di prospettive; un momento in cui ci si spostava dalla propria terra per cercare un posto migliore, per garantirsi e garantire una vita più agevole e serena. “Passaggio rosso” non è un inno alla migrazione né vuole banalmente ricondursi alle gesta dei nostri antenati; è piuttosto un simbolo ed è notorio che nella storia dell’arte il simbolismo ha un valore non da poco, che permette di generare collegamenti mentali, stimolando le associazioni di idee e la capacità di comprendere determinati messaggi. Gli avi con le valigie cariche di aspettative devono essere da esempio per intraprendere un viaggio verso l’ignoto, che potrebbe regalare nuove prospettive interiori.
È possibile attribuire a “Passaggio rosso” una valenza catartica?
Speriamo di sì! L’obiettivo della D’Elia è proprio quello di scrollare il pubblico dormiente, sebbene parlare di catarsi potrebbe risultare presuntuoso.
Sicuramente chi ha avuto o avrà modo di affrontare l’installazione, un certo cambiamento interiore lo accuserà, sempre che sia in grado di spogliarsi delle sovrastrutture formali, troppo legate al pragmatismo del mondo contemporaneo, spesso incapace di affacciarsi oltre le apparenze.
Gianluca Conte