Rivestiti rappresenta il piacere della riscoperta della “vecchia” musica italiana. Si chiama così il primo cd del Trio d’eau, inizialmente composto dalla voce di Valentina Negro, il pianoforte e le tastiere di Salvatore d’Alba e il contrabbasso, il sassofono e il violoncello di Angelo Urso, poi diventato quartetto con l’aggiunta del cajon e delle percussioni di Ovidio Venturoso. La band, dopo essersi esibita per circa due anni nei locali e nelle piazze del Salento, ha selezionato sei delle canzoni più belle tra i classici proposti, come Ma che freddo fa, Bang bang e Impressioni di settembre, raccogliendole in questo cd e “rivestendole” di un nuovo abito. Alla base c’è un importante lavoro di arrangiamenti che differenziano le nuove versioni da quelle precedenti e da quelle originali; basta ascoltare la prima variante rokkeggiante di Bang bang cantata da Cher e quella “leggera” di Dalida. Caratteristici dell’album sono il minimalismo, che rende l’ascolto estremamente piacevole, e il costante interplay tra gli strumenti. Una sorta di controtendenza, si può dire rispetto alle mode musicali del momento di far confluire suoni e generi dissimili nello stesso album, producendo talvolta lavori dall’ascolto complesso. Ma c’è nello stesso tempo uno sperimentalismo che risente del vivace clima culturale che domina il Salento negli ultimi anni: Ovidio Venturoso, percussionista della band, in seguito alle sue ricerche sul e con il cajon, strumento di origini peruviane approdato in Italia da pochi anni, ha dato origine a un nuovo modo di interpretare lo strumento con un approccio ibrido tra percussioni e batteria. Non si può etichettare il genere cui la band è approdata in questo disco, ma certamente si possono rintracciare le varie influenze: vengono dai Balcani i ritmi incalzanti della tessitura musicale, e dagli anni Settanta i suoni prodotti con synth, organo e rhodes. L’ossessivo archetto del contrabbasso e i suoni elettronici delle tastiere conducono a tempi più recenti, in particolar modo nell’intro di Guarda che luna. Lascia il segno l’interpretazione vocale.
Luana Campa
One Response to “Il Trio d’Eau “riveste” la musica italiana”
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[…] facendo diventare quartetto quello che inizialmente era un trio. Per leggere la recensione del cd: http://www.otrantooggi.it/2011/08/17/il-trio-d%E2%80%99eau-%E2%80%9Criveste%E2%80%9D-la-musica-itali…. GD Star […]